Dicci qualcosa di te.
Mi chiamo Massimo, per tutti lo zio Max (nella foto al centro con il pettorale 525), sono nato a Milano nel luglio 1961 da mamma Maria e papà Pietro, ho una sorella poco più grande di me ormai da tempo sposata e dal quale matrimonio sono nate due splendide nipoti. A Milano ho vissuto fino al 1985, sono molto legato a questa città, anche se non era facile trovare spazio per giocare. La Milano dei cortili e delle case di ringhiera dove tutti ci conoscevamo e ci si aiutavamo. Quando posso torno lì dove ho passato la mia infanzia, in via delle Leghe, una via lunga poco più di 200 metri dove c’era tutta la Milano operosa delle botteghe artigiane. Nel cortile del palazzo c’erano il fornaio, il tipografo e due falegnami, uno divento per noi bambini una celebrità quando costruì i banchi del Tg1, ma il posto più bello per noi era la nostra spiaggia accessibile solo dopo le ore 16 quando non c’era più il pericolo dei camion che scaricavano la sabbia. Si trattava di un rivenditore di materiali edili che nel tardo pomeriggio ci lasciava giocare su quelle enormi montagne di sabbia.
Quando hai iniziato a correre e perché?
Ho iniziato a correre nel settembre del 1985 la mia prima corsa con il gruppo a Crema. Qualche corsa l’avevo fatta qualche anno prima ma così tanto per fare con gli amici. Ho un ricordo terribile della Stramilano fatta senza nessun allenamento, dai!! Correre per me è un potente antistress, la corsa mi ricarica, mi piace tantissimo il contatto con la natura.
Il ricordo più bello o il traguardo che ricordi con più soddisfazione?
Di ricordi belli ne ho tanti come le 4 maratone. Tagliare il traguardo dopo 42 km è fantastico, non importa il tempo del cronometro, mi sento sempre di aver fatto una grande cosa. Un ricordo emozionante è la mia prima mezza all’estero, precisamente a Madrid. Una mattinata fredda, alla partenza eravamo subito dietro i top runners e dietro di noi scalpitavano altri 24 mila corridori. Ricordo i brividi durante il minuto di silenzio per l’attentato alla maratona di Boston, il lancio dei paracadutisti, gli amici attorno a me e lo sparo dello starter. Il traguardo che ricordo con più soddisfazione è quello della maratona di Barcellona mentre a Malaga e Milano avevo partecipato con poca preparazione. In catalogna invece stavo bene, la meticolosa preparazione fatta con l’amico Roberto che mi aiutava a non sgarrare di un secondo la tabella dall’allenamento pena un cazziatone, ha dato i suoi frutti. Abbiamo corso fianco a fianco per 40 Km senza mai fermarci ed ho migliorato di ben 40 minuti il mio personale, unico rammarico quegli 11 secondi che mi avrebbero permesso di abbattere il muro delle 4 ore. Per me che sono un tapascione quel giorno mi sono sentito un vero corridore.
Oltre ad essere un appassionato corridore sei un grande trascinatore. Con il tempo sei riuscito a coinvolgere tanti amici. Come fai?
Io non mi sento un grande trascinatore, cerco di essere sempre sorridente e disponibile, qualche battuta durante la corsa e quando la fatica si fa sentire, la frase più ricorrente è “lo vedi quello là davanti? Dai che lo andiamo a prendere” serve da stimolo e mi dà nuove energie, a volte anche qualche “vacci tu”!!
Da trascinatore a organizzatore, sei un punto di riferimento quando si tratta di programmare le gare. Quanta fatica e quanto piacere c’è nel farlo?
Come organizzatore non faccio nessuna fatica. Scelgo una meta, ascolto le idee di tutti e poi con grande piacere mi metto alla ricerca di albergo e mezzi di trasporto. Anche quando organizzo le squadre per le staffette ci vuole poco ed il divertimento è garantito, parola di zio Max! Io le ho già corse ed i ragazzi si fidano di me e ammetto che la cosa mi fa molto piacere, poi abbiamo tutti la stessa passione e voglia di stare insieme in allegria. Quando al termine di una corsa mi dicono “la dobbiamo rifare anche l’anno prossimo” so di aver fatto centro.
Gli insegnamenti della corsa ti vengono utili nella vita di tutti i giorni?
Si, nella corsa ci vuole molta caparbietà perché ti mette a dura prova e inevitabilmente vai incontro a momenti difficili come nella vita di tutti i giorni, però è anche grazie alla corsa che riesci ad affrontare con più serenità il resto della giornata.
Correre è una sfida con te stesso o con il cronometro?
Correre è staccare la spina, scendere da quel treno in corsa che è la vita di tutti i giorni. A volte mi capita di giocare con il cronometro per sfidare me stesso però vista l’età e i recenti infortuni è meglio non esagerare.
Hai un obbiettivo per il futuro?
Si, mi sono iscritto alla maratona di Venezia, voglio arrivare alla partenza senza cerotti e godermi il panorama.
Una canzone per correre?
Non ho canzoni per correre, non indosso mai le cuffiette perchè mi piace ascoltare quello che mi circonda durante la corsa e parlare, anche se per qualche mio amico parlo troppo.
Qual è la tua ricetta per essere un buon podista?
Un buon podista è quello che sa correre da solo ma che ama la compagnia, il gruppo e corre in allegria. Un buon podista indossa la maglia del gruppo con piacere e allo stesso tempo non critica chi non la indossa ma gli fa conoscere il piacere di farne parte.